CRONACA CONTEMPORANEA

 

 

Firenze, 10 novembre 1881

 

I.

 

ROMA (Nostra corrispondenza) - Vitale ebreo conferma il rivelato da Israele sopra il rito sanguinario della Pasqua giudaica. Rivela le Pasque sanguinarie da lui e dal suo zio Salomone celebrate in Monza presso Milano. Descrive lÕatroce martirio del Beato Simoncino da Trento. E ne dichiara lo scopo ed il motivo.

 

Dappoichè, cogli interrogatori riferiti nella corrispondenza precedente, venne esaurito quanto conosceva Israele sopra l'assassinio del B. Simoncino e la sua cagione, si passò all'interrogatorio di chi ne conosceva, e rivelonne, perciò, anche di più, secondo che vedremo: cioè di Vitale, factor, come dice il processo, ossia fattore od agente di Brunetta madre del già interrogato Israele. Il qual nome di Vitale già notammo altrove non essere che l'anagramma puro di Levita; come, parimente, il nome di Arbid non è che l'anagramma puro di Rabbi: solendo così gli ebrei travisarsi talvolta il nome, quando loro torna. Ed avendo Vitale mostrata, nei suoi primi interrogatorii, oltre ad una straordinaria ostinazione, anche una singolarissima astuzia nel fare il nescio, gli venne, il 13 aprile, teso dal Podestà un laccio, nel quale egli si lasciò cadere. Giacchè fu posto (Folio XXXIX verso) in un armario sotto la scala: in armario quod est sub scala. Il quale armario fu poi chiuso: quod armarium postea fuit clausum. E poi fu condotto Israele (già interrogato e confesso) figlio di Samuele. Il quale Israele, stando presso il detto armario chiuso, in cui era Vitale come sopra, fu interrogato: Che nomini coloro che erano presenti quando fu ucciso il fanciullo. Qui Israel, stans apud dictum armarium clausum, in quo erat Vitalis ut sopra, fuit interrogatus: Quod nominet qui fuerunt praesentes quando fuit interfectus puer:

 

Il quale Israele rispose: che furono presenti gli infrascritti: Samuele, Tobia, Vitale ed egli Israele, insieme cogli altri. Qui Israel respondit quod fuerunt presentes infrascripti, Samuel, Thobias, Vitalis et ipse Israel, una cum ceteris aliis.

 

Le quali cose dette, il detto Israele non fu lasciato parlare più oltre: ma fu ricondotto alle carceri. Quibus sic dictis, dictus Israel non passus est ultra loqui: sed reductus fuit ad carceres.

 

E Vitale fu poi estratto dall'armario. Ed, interrogato che dica a verità: Rispose che il Signor Podestˆ dee rimanere contento di ciò che ha confessato il detto Israele. Respondit quod Dominus Potestas debet remanere contentus de eo quod confessus est dictus Israel. Ed interrogato: Che cosa avesse confessato Israele? Rispose: Che bene aveva udito lo stesso Signor Podestà quello che aveva detto. Respondit: quod bene audivit ipse Dominus Potestas quod dixit. Nè se ne potè, per allora, aver altro. Salvo che: interrogato dove fu ucciso il fanciullo? Rispose che fu ucciso nella cucina. Respondit quod fuit interfectus in coquina. Interrogato, come sa che fu ucciso nella cucina? Ed allora nulla rispose. Interrogatus quid scit quod fuerit interfectus in coquina? Et tunc nihil respondit. Promise però che, se lo deponevano dalla corda, avrebbe parlato. Ed allora fu lasciato e ricondotto alle carceri: deponatis me: ego dicam veritatem: et tunc fuit depositus. Aveva, infatti, ben capito che era inutile che si ostinasse a tacere dopo che Israele, come egli stesso aveva udito dall'armario, aveva dovuto già tutto confessare ed egli stesso aveva in parte già sbadatamente confermata la confessione di Israele. E perciò, il 14 del detto mese di Aprile (Folio XL recto) ed il 17 seguente (Folio XLI verso) finì poi, anch'egli, col narrare fedelmente ogni cosa, come i precedenti ed i seguenti testimonii, quanto alla consumazione dell'assassinio ed a tutte le sue anche più minute circostanze. Ma quanto alla sua cagione (della quale, per ora, specialmente ci occupiamo) aggiunse ai già riferiti da Israele altri finora ignoti ed inauditi particolari; i quali saranno l'argomento della presente corrispondenza.

 

Interrogato, infatti, il 18 di aprile (Folio XLI verso): A qual fine desiderava avere del sangue del detto fanciullo? Ad quem finem cupiebat habere de sanguine dicti pueri? Rispose: che per avere di quel sangue, e per metterlo nelle paste di cui si fanno le loro azzimelle: le quali poi mangiano nel giorno della Pasqua loro: Respondit: ut de illo sanguine haberet; et poneret in pasta de qua faciunt suas azimas: quas azimas postea comedunt in die pasce eorum. Dove non si vuol lasciare di osservare che anche Vitale, come già Israele, interrogato del perchè dell'assassinio, non rispose già che per far onta e contumelia alla Pasqua cristiana, ma per osservare la propria. Ut de illo sanguine haberet et poneret in pasta de qua faciunt suas azimas. E la cosa si chiarirà anche meglio da ciò che segue. Giacchè:

 

Interrogato a qual fine così punse il fanciullo e così dilacerarono le sue carni? Ad quem finem ita pupugit puerum et ita dilaceraverunt carnes eius? (Il che era un evidente insistere sopra il voler sapere se vi era di sotto qualche altra cagione) Ed a qual fine mangiano del sangue di un fanciullo cristiano? Et ad quem finem comedunt sanguinem pueri cristiani? Rispose: di averlo già detto: Respondit se dixisse. Quasi dicendo: Non vi è altra cagione, che io sappia, fuorchè la necessità, in cui noi ebrei siamo di avere del sangue cristiano per celebrare la nostra Pasqua.

 

E per maggiore evidenza della cosa, soggiunse subito: Salvochè è necessario ai giudei di avere del sangue di un fanciullo cristiano, ogni anno, e di quello mettere nelle focacce degli azzimi: Salvo quod est necesse ipsis iudeis habere de salguine pueri cristiani, singulo anno, et de illo ponere in fugatiis azimorum: ripetendo, in sostanza, quello che aveva già detto; e neanche accennando all'altra ragione del far onta ed obbrobrio a Cristo ed ai cristiani. La quale seconda ragione entra, certamente, anch'essa in quell'empio rito rabbinico. Ma è una ragione secondaria. La primaria essendo quella di osservare un rito necessario e legale per la celebrazione della Pasqua. Giacchè est necesse iudeis habere de sanguine pueri cristiani, singulo anno: et de illo ponerein fugatiis azimorum, secondo che già sapevamo da Giovanni di Feltro, figliuolo di Sacchetto ebreo e da Israele figliuolo di Samuele: ed ora sappiamo anche, pressochè colle stesse parole, da Vitale fattore della Gnora Brunetta.

Ma non sapevamo, finora, da nessuno ciò che, continuando il suo detto, rivelò Vitale, soggiungendo: Che tutto il sopra detto egli l'aveva udito dire dai suoi maggiori; cioè da Samuele e da Mosè il Vecchio abitanti di Trento: e da Salomone zio di esso Vitale. Il quale abita in Monza nel territorio di Milano. Prout dici auduvut a maioribus suis: videlicet a Samuele et a Moise antiquo habitatoribus Tridenti: et a Salomone patruo eius Vitalis, qui habitat Monzie territorii mediolanensis. Presso il quale zio, egli Vitale stette circa tre anni. Nel qual tempo, nel giorno della sua Pasqua, mangiò degli azimi col sangue, come sopra: secondo che gli disse il detto suo zio. Apud quem patruum ipse Vitalis stetit circa tres annos. Quo tempore, in die pasce sui, comedit de azimis cum sanguine, ut sopra: prout sibi dixit dictus eius patruus.

 

Non sarà difficile agli eruditi monzesi, di accertarsi se, nei loro storici o nei loro archivii, si conservi qualche memoria di queste Pasque ebree celebratesi nel secolo XV (e, molto probabilmente, anche prima ed anche poi) tra le loro mura, col sangue dei loro bambini, dai pii Salomoni e Vitali del loro ghetto. Nè è a dubitare che i giudici di Trento non abbiano in qualche guisa informate le autorità di Monza delle divote pratiche pasquali dei loro Salomoni. Ad ogni modo, il fatto è questo: nè se ne può dubitare. Giacchè quale tortura, fuorchè la forza della verità, avrebbe mai potuto strappare a Vitale la narrazione di un fatto somigliante? Nessuno, infatti, avrebbe mai potuto sognare, non che suggerire od insinuare a Vitale, che egli era stato tre anni a Monza col suo zio Salomone, e che colà, in ciascuno di quei tre anni, egli aveva, col suo zio, mangiate, nella sua Pasqua, le azzimelle condite col sangue monzese. Donde anche si vede quanto autorevoli e rispettabili debbano ritenersi quelle tante tradizioni, che in tanti luoghi si conservano, sopra simili assassinii ebraici, specialmente nel medio evo. Sappiamo, infatti, già fin d'ora, indubbiamente, che in tre città, l'una dall'altra, specialmente per quei tempi, assai lontane, Tungros in Germania, Trento in Tirolo e Monza in Italia, solevano allora gli ebrei, da molti anni, celebrare la loro Pasqua col sangue cristiano. E perchè non anche altrove, e prima e poi, dovunque e quando il potevano? Trattavasi, infatti, di legge e di legge universale e comune; secondo che apparirà sempre meglio dal processo che abbiamo per le mani.

 

Or, continuandosi l'interrogatorio di Vitale fu richiesto (Folio XLI verso): Se in quest'anno egli Vitale abbia mangiato degli azimi, nei quali fosse del sangue di un fanciullo cristiano. An, hoc anno, ipse Vitalis comederit de azimis, in quibus esset de sanguine pueri cristiani:

 

Rispose: Nel giorno del Venerdì Santo fecero degli azimi, ossia focacce. E Samuele e Mosè gli dissero che in quegli azimi, ossia focacce, posero del sangue del fanciullo cristiano, che, nel giorno di Giovedì, avevano ucciso. E dice che egli altrimenti non sa chi abbia posto il detto sangue negli azimi o focacce.

Se pure non fu Bonaventura cuoco di Samuele, che fa il pane. Respondit: in die Veneris Sancti fecerunt de azimis, sive fugatiis, posuerunt de sanguine pueri cristiani, quem in die Iovis interfecerant. Et dicit se aliter nescire quis posuerit dictum sanguinem in azimis, sive fugatiis: nisi fuerit Bonaventura cocus, qui facit panem.

 

Ed essendosi così finito, per la parte che riguarda la cagione ed il perchè dell'assassinio, l'interrogatorio di quel giorno; il nove di giugno (Folio XLII recto e seguenti) prese Vitale a narrare, così per l'appunto, tutto il fatto ed il rito (siccome quegli che vi era stato presente dal principio alla fine) che porta il pregio di riferire qui ogni cosa. Interrogato, dunque, che dica la verità: Rispose: Che, nel giorno della Pasqua di loro giudei, che fu nel giorno di Giovedì, che i Cristiani dicono il giorno Santo, verso il principiar della notte, nè sa altrimenti dire precisamente l'ora, egli Vitale, stando nella casa di Samuele, andò nella camera che è innanzi alla Sinagoga. In essa erano gli infrascritti; Mosè il Vecchio, Samuele, Israele suo figliuolo, Mohar figlio di Mosè il Vecchio, Bonaventura figliuolo di Mohar, Bonaventura cuoco e Tobia. Colà il detto Samuele legò un fazzoletto (unum faziolum) intorno al collo di un certo fanciullo colà esistente. Il qual fanciullo Mosè il Vecchio, sedendo sopra un certo banco scanno (Banco Scampno) teneva sopra le ginocchia. Il qual fazzoletto i detti Mosè e Samuele stringevano attorno al collo del fanciullo, perchè non si udisse mentre strillava. E Mosè con una certa tenaglia (tenalea quadam) che aveva nelle mani estirpò (extirpavit) un poco di carne del fanciullo dalla mascella destra. E similmente fecero Samuele e Tobia. Il quale Tobia, con una certa scodella, talvolta raccoglieva il sangue colante dalla mascella del fanciullo: e talvolta anche Mohar teneva la scodella. E tutti i soprascritti, ed egli Vitale, avevano degli aghi in mano, coi quali pungevano il detto fanciullo, dicendo certe parole in ebraico, che egli non sa. E poi, colla stessa tenaglia, estirparono della carne del fanciullo nella gamba destra, al lato esteriore. E non sa chi sia stato il primo, nè il secondo, che estirpasse le carni nella gamba destra. E dice che il sangue, che scorreva dalla detta ferita della gamba si raccoglieva in una scodella. E non sa chi tenesse quella scodella. E poi Samuele e Mosè, sedenti sopra un certo banco quivi posto, presero il detto fanciullo; e quello, tra loro due sedenti, eressero in piedi, e lo tenevano diritto, in piedi, colle mani in questo modo. Perchè Mosè, sedendo al lato destro del fanciullo, teneva il fanciullo diritto in piedi; e teneva esteso il braccio dritto. Similmente faceva Samuele che era al lato sinistro del fanciullo. E Tobia (come crede di Tobia) teneva i piedi del fanciullo. Cosicchè il fanciullo, così stando diritto ed esteso colle braccia, pareva crocifisso. E stando così il fanciullo, tutti i soprascritti giudei circostanti, cogli aghi che avevano in mano, pungevano il detto fanciullo. Ed anche egli (Vitale) punse, come sopra disse. E mentre queste cose si facevano, il fanciullo morì.

 

Interrogatus quod melius dicat veritqatem: Respondit quod in die pasce ipsorum iudeorum, quod fuit in die Iovis, quem cristiani dicunt Sanctum diem, circa principium noctis, et aliter precise nescit dicere horam, ipse Vitalis existens in domo Samuelis, ivit in cameram, quae est ante Sinagogam; ubi etiam erant infrascripti: Moises antiquus, Samuel Israel eius filius, Mohar filius Moisi Antiqui, Bonaventua filius Mohar, Bonaventura coquus, Thobias. Et ubi dictus Samuel ligavit unum faziolum (fazzoletto) circa collum cuiusdam pueri ibi existentis; quem puerum Moises antiquus, sedens super quodam bancho scampno, habebat super genibus: et quem faziolum dicti Moises et Samuel stringebant circa collum pueri, ne audiretur dum clamaret. Et Moises, cum tenalea quadam, quam habebat in manibus, extirpavit modicum de carne pueri maxille dextre. Et similiter fecerunt Samuel et Thobias. Qui Thobias, cum scutella quadam, aliquando colligebqant (sic) sanguinem defluentem a maxilla pueri; et aliquando etiam etiam Mohar tenebat scutellam. Et omnes suprascripti, et ipse Vitalis, habebant acus in manibus, cum quibus pungebant dictum puerum; dicendo certqa verba in hebraico, quae ipse nescit, et deinde, cum eadem tenalea, extirpaverunt de carne pueri in tibiqa dextra, ad latus exterius. Et nescit quis fuerit primus, nec secundus qui extirpaverunt carnes de tibia dextra. Et dicit quod sanguis qui defluebat ex dicto vulnere tibie, colligebatur in una scutella. Et nescit quis teneret dictam scutellam. Et postmodum Samuel et Moises, sedentes super quodam bancho ibi posito, receperunt dictum puerum, et illum, inter se sedentes, erexerunt in pede. Et illum tenebant erectum in pedibus, manibus, hoc modo: quia Moises, sedens ad latus ad latus dextrum pueri, tenebat rectum puerum in pede, et tenebat brachium dextrum extensus. Similiter faciebat Samuel, qui erat ad latus sinistrum pueri, et Thobias (ut credit de Thobia) tenebat pedes pueri; ita quod puer, sic stans erectus et extensus cum brachiis, videretur crucifixus. Et puero sic stante, omnes suprascripti iudei circumstantes cum acubus, quas in manibus habebant, pungebant dictum puerum, et ipse etiam (Vitalis) pupugit, ut soprqa dixit: et dum haec ferent, puer mortuus est. E chi, dei letori, crede che questi siano stati i particolari più atroci dell'assassinio, erra di molto: secondochè vedrà più innanzi. Ma contentiamoci, per ora, delle rivelazioni del Levita Vitale.

 

Dalle quali, per ora, sappiamo che, non con un coltelluccio, secondo che era più agevole e perciò più naturale, ma con una tenaglia (tenalea quadam) gli ebrei di Trento estirparono (extirpaverunt) colle carni anche del B. Simoncino. Or perchè con una tenaglia anzichè col coltelluccio? Perchè, come c'informerà più innanzi il processo, gli ebrei avevano già, altre volte, usato il coltelluccio anzichè la tanaglia, per avere il sangue di un bambino cristiano. Ed essendo stato trovato, in loro casa, il cadavere del bambino inciso anzichè tenagliato, erano stati, con ciò stesso, convinti di averlo svenato per averne il sangue. E perciò, per allontanare ogni sospetto, e far credere che quelle non erano ferite fatte a mano, non più col coltelluccio incidevano, ma colla tanaglia estirpavano, colle carni il sangue dei bambini, che riuscivano a rubare, per celebrare col loro sangue la loro Pasqua: secondo che udiremo, a suo luogo, narrarcisi espressamente da Mosè il Vecchio e da Samuele, ebrei pratici ed esperimentati, da quasi un secolo, nei santi riti della Rabbineria.

 

Fu poi interrogato Vitale (Folio XLIII recto) quali aghi erano quelli coi quali pungevano (quae acus erant ille cum quibus pungebant): Rispose che erano certi aghi di rame (quod erant certe acus de rame). E mostratiglisi certi aghi diversi... scelse un certo ago col pomello: (Elegit quandam acum a pomedello): dicendo che quell'ago col pomello è simile agli aghi, dei quali si servirono, come sopra. (Dicens quod illa acus a pomedello est similis acubus, quibus usi fuerunt ut supra). Erano cioè di quegli aghi detti, in italiano, spilletti e spillettoni, che hanno un poco di capo rotondo a modo di pomello: i quali, anche ora, nel dialetto veneto, si chiamano aghi col pomelo: acus a pomedello.

 

Interrogato perchè ferirono il detto fanciullo e perchè così lo punsero? Quare ita vulneraverunt dictum puerum et quare illum ita pupugerunt?: Rispose: che perciò lo ferirono, per averne il sangue come disse di sopra: e che perciò punsero e stesero le mani, in memoria di Gesù. Respondit quod ideo vulneraverunt ut haberent sanguinem, ut supra dixit: et quod ideo pupugerunt et extenderunt manus, in memoriam Iesu. Apparisce, dunque, anche da questa risposta che, per quanto sapeva Vitale, la prima intenzione di quel delitto fu ut haberent sanguinem: profittando poi, per così dire, dell'occasione per rinnovare ebraicamente la memoria della Passione in memoriam Iesu.

 

Interrogato: se in memoria buona od in memoria mala: Interrogatus: in memoriam bonam, vel in memoriam malam? Rispose che lo fecero in disprezzo ed in vilipendio di Gesù, Dio dei cristiani: dicendo che ogni anno fanno memoria della detta Passione. Respondit quod fecerunt in contemptum et vilipendium Iesu Dei cristianorum: dicens quod omni anno faciunt memoriam dictae passionis.

Interrogato in qual modo fanno questa memoria: Quomodo faciunt illam memoriam? Rispose che loro giudei fanno memoria della detta Passione di Gesù ogni anno, perchè pongono del sangue di un fanciullo cristiano ogni anno nei loro azimi o focacce. Respondit quod ipsi iudei faciunt memoriam dicte Passionis omni anno, quia ponunt de sanguine pueri cristiani omni anno in eorum azimis, sive fugatiis.

 

Non rispose già Vitale, in questa (che fu l'ultima sua risposta all'ultimo suo interrogatorio) che gli ebrei facevano ogni anno mala memoria  della Passione di Gesù Cristo collo stendere il fanciullo a modo di crocefisso, o con qualche altro degli atti barbari da loro usati nel martoriarlo. Bensì rispose, che la facevano, appunto e precisamente, col porre del sangue cristiano nei loro azimi o focacce. Col che stesso, anche senz'altri aggiunti, già gli ebrei facevano necessariamente mala memoria, contumelia e vilipendio di Cristo e della sua Passione, senza che, forse, vi pensassero sempre esplicitamente. Giacchè di proposito, e per prima intenzione, uccidevano i fanciulli cristiani e ne estraevano il sangue per impastarne gli azimi e celebrare la Pasqua loro. E questa fu anche sempre la loro prima risposta a chi li interrogava del perchè e dello scopo di quegli assassinii. Nè venivano alla seconda risposta, sopra la mala memoria della Passione, se non invitativi e come condottivi per mano dall'insistenza dei giudici interroganti. Allora soltanto, quando ne venivano espressamente richiesti, parevano riflettere e ricordarsi che, non solo per avere il sangue ed impastarne gli azimi loro, ma anche per obbrobrio e contumelia di Cristo e dei Cristiani, praticavano quegli empii loro riti pasquali. Il che già si è potuto vedere dagli interrogatorii finora riferiti. Ma si vedrà anche meglio dai seguenti che riferiremo. Nè potevano gli ebrei trovare nessuna speciale difficoltà a confessare questa secondaria loro ragione del delitto se fosse, invece, stata la la primaria; essendo a tutti notissimo l'odio ed il disprezzo loro a Cristo ed ai Cristiani. Segretissimo, invece, ed arcano era quell'altro loro rito di far la Pasqua col sangue cristiano. Avrebbero dunque, dovuto, per prima cosa, confessare la ragione notoria, riservando l'occulta alle ulteriori insistenze e torture, se, per ricordarsi della notoria, non avessero avuto, appunto, bisogno di ulteriori insistenze e torture. Segno chiaro, ed anzi prova, che la principale, se non anzi l'unica ragione del loro delitto, e quella che certamente si presentava loro per prima alla mente ed alla lingua, non era la notoria ma l'occulta. Ai processanti cristiani invece importava assaissimo anche la notoria, benchè secondaria, ragione. E ciò, sia per trarne argomento a stabilire la prova della causa del martirio del B. Simoncino, ucciso per odio ed in memoria di Cristo: sia perchè quel delitto di fare atti esterni di contumelia a Cristo ed al Cristianesimo in paesi cristiani, dove gli ebrei erano appena tollerati, era contemplato espressamente nei codici ecclesiastici e civili; secondo i quali era dovere dei giudici di inquirere, procedere e punire.

 

E tanto basti per questa corrispondenza.